A circa quarant’anni dallo scoppio del fenomeno nelle ballroom di Harlem, il voguing sta vivendo una rinascita mainstream post-Madonna. Un movimento che ha trovato ispirazione dall’omonima rivista di moda ed è divenuto negli anni una forma liberatrice di auto-espressione e identità per la comunità queer e afro-latina, dapprima di NYC, e poi del mondo intero.

Le origini del voguing

La maggior parte dei resoconti colloca le origini del voguing nelle ballroom della New York degli anni ’80, grazie alle comunità queer nere e latine di Harlem. Tra gli anni ’60 e ’80, le gare di drag della città si erano trasformate in battaglie voguing. I concorrenti trans, gay e queer si contendevano i trofei e la reputazione della loro “house”, la loro famiglia, attraverso diverse battaglie. Le “house” erano – e sono – vere e proprie famiglie: le ‘madri’ o i ‘padri’ delle case hanno effettivamente fornito una famiglia sostitutiva per molti nella comunità che erano socialmente emarginati dal genere, dalla sessualità e/o dalla razza, e che si sono rivolti l’uno all’altro per l’accettazione ed il safe space della ballroom scene, che a sua volta esisteva ai margini della più ampia comunità gay di New York degli anni ’80.

Il voguing è una danza ispirata alla posa delle modelle all’interno delle copertine della rivista Vogue, ma anche influenzata dai geroglifici dell’antico Egitto e dai movimenti ginnici. I personaggi adottati dai voguer erano spesso una parodia codificata della femminilità bianca, glorificando e sovvertendo gli ideali di bellezza, sessualità e classe. Come descrive un ball-goer in Paris is Burning di Jennie Livingston: “I ball per noi sono tanto vicini alla realtà quanto le nostre possibilità di raggiungere la fama e la fortuna delle celebrità sotto i riflettori”.

Il voguing era uno strumento per i ball-goers per raccontare le loro storie, ed anche un modo per rispondere alla crisi dell’AIDS. Era un momento anche satirico, giocoso e comico, con i concorrenti che copiavano i modelli di Vogue con cornici congelate o che replicavano la creazione di un viso o lo styling dei capelli.

L’evoluzione del voguing

The New Way – alla fine degli anni 80 – ha introdotto una nuova fluidità e flessibilità al voguing, aggiungendo mosse come la duckwalk (squat sui talloni, calciando i piedi mentre ci si muove in avanti sul ritmo),  e i tuffi (una caduta drammatica o controllata a terra, usata per punteggiare la fine di un ballo). Oggi, New Way si concentra di più su movimenti rigidi, mentre Vogue Femme enfatizza il drammatico, con atteggiamenti ultra-femminili e acrobazie.

Man mano che la scena voguing cresceva, attirava inevitabilmente un seguito maggiore. Madonna ha visto le mosse del voguing per la prima volta nel 1990, in un club chiamato Sound Factory a Manhattan di New York. Aveva sentito parlare di questo stile di danza e voleva saperne di più, chiedendo al ballerino dominicano e membro della Casa di Xtravaganza, Jose Gutierrez, di mostrarle di cosa si trattava. A Jose Xtravaganza fu poi chiesto di coreografare il seguente video di Madonna, oltre ad accompagnarla nel tour mondiale di London Ambition. Nel 1990, il singolo di Madonna “Vogue” raggiunse il numero uno in 30 paesi in tutto il mondo e il voguing fu spinto al riconoscimento internazionale.

Il voguing oggi

A quasi quarant’anni dal suo inizio, il voguing sta ora godendo di un’altra rinascita mainstream. Il potere del voguing risiede nella sua capacità di rimanere vicino alle sue radici, anche se emergono nuovi stili e comunità. Quello che è iniziato ad Harlem è ora una comunità globale e intergenerazionale: in definitiva, il voguing riguarda la libertà di esprimere il proprio sé più vero, di raccontare la propria storia e di seguire qualsiasi identità si voglia. E in tutto il mondo le scuole di danza stanno insegnando alle prossime generazione come fare voguing, emulando pop star come FKA Twigs, Rihanna, Ariana Grande e Beyoncé, che hanno tutte incorporato il voguing nelle loro esibizioni.