L’intervista all’autore di un libro fa ridiscutere l’utilizzo dei testi rap in tribunale in America

Un’intervista per la emittente televisiva CBS, ha portato a ridiscutere l’utilizzo dei testi rap nei processi giudiziari…
testi rap in tribunale


”Dovrebbe essere stato accusato di omicidio Johnny Cash dopo aver cantato “Ho sparato a un uomo a Reno solo per guardarlo morire”? Pochi sarebbero d’accordo seriamente con questa idea di giustizia” Scrive la testata CBS riportando l’intervista a Erik Nielsen, autore e insegnante universitario.



Negli ultimi tre decenni, mentre il rap è diventato sempre più popolare, i procuratori americani hanno cominciato a presentare le liriche, a volte violente e piene di crimini, dei rapper come confessioni di reati, minacce di violenza, affiliazione a bande criminali.



Gli investigatori hanno riaperto casi sulla base di testi rap o video, e i procuratori hanno ottenuto condanne presentando opere d’arte come autobiografie criminali. Ora, un preoccupante numero di rapper emergenti sono imprigionati e accusati solo sulla base delle loro canzoni. E, secondo gli autori di CBS, nessun’altra forma di espressione creativa viene trattata in questo modo nei tribunali.



Erik Nielson
, co-autore di “Rap on Trial: Race, Lyrics, and Guilt in America” un libro che racconta la storia dell’utilizzo delle liriche dei rapper in tribunale, ha definito il ”caso Phipps” come uno dei più gravi della storia americana, sottolineando come solo il rap sia l’unico genere musicale ad essere trattato in questo modo dai tribunali USA.



Nel libro di Nielson viene raccontata la storia del rapper McKinley Phipps, noto come Mac. Mac stava vivendo il suo momento di gloria nel 1998 quando il suo album “Shell Shocked” raggiunse la posizione numero 11 nella classifica Billboard Top 200, grazie al suo contratto con la famosa etichetta discografica No Limit Records di Master P.Tuttavia, la sua ascesa è stata interrotta bruscamente nel febbraio del 2000, quando un giovane di 19 anni è stato ucciso durante una sparatoria a uno show di Phipps in un club a Slidell, in Louisiana.



Phipps è stato accusato di omicidio di primo grado e, durante il processo, le stesse liriche che lo avevano reso famoso sono state utilizzate contro di lui per spedirlo in prigione. A nulla è servita la confessione dell’omicidio da parte di un membro del team di Phipps. Il rapper è stato comunque condannato per omicidio a 30 anni di prigione.

Il libro esplora come le liriche dei rapper siano state utilizzate come prove contro gli artisti stessi in tribunale negli Stati Uniti. Attraverso un’analisi dettagliata di numerosi casi legali, gli autori discutono come le parole dei rapper siano state spesso utilizzate fuori contesto e come questo abbia portato a ridiscutere l’idea di giustizia e giustezza nei tribunali. Il libro fa anche una riflessione su come la rappresentazione del rap nelle corti sia influenzata dalla percezione sociale del genere e delle persone che lo rappresentano.


Includendo una serie di interviste a rapper, avvocati, giudici e altri professionisti coinvolti in questi casi, il libro diventa un testo di riferimento importante per comprendere come la musica rap sia stata rappresentata e giudicata in ambito giudiziario e come questo possa influire sulla percezione e la comprensione del genere. Tanto da finire per essere, secondo l’autore, preoccupante per le libertà individuali degli artisti e dell’intera popolazione.



La questione è diventata così importante a livello pubblico che ha spinto alcuni stati americani – come la California – ad approvare leggi per limitare l’utilizzo delle liriche nei processi giudiziari. La legge, chiamata “Decriminalizing Artistic Expression Act“, restringe il modo in cui le liriche possono essere utilizzate come prove contro gli artisti in tribunale. E fa ben sperare per il futuro dei musicisti.



Certo è che alcuni giudici sono totalmente contro questa lettura, come il giudice del caso RICO ( il reato in Italia si chiamerebbe ”associazione a delinquere”) in cui è coinvolto il rapper di fama mondiale Young Thug.



Dopo una perquisizione a casa del rapper gli sono state contestate accuse di partecipazione a bande criminali e tre accuse di violazione della Georgia Controlled Substances Act (spaccio di droga), possesso di un’arma da fuoco durante la commissione di un reato e infine possesso di una mitragliatrice. Questi capi d’accusa sono stati successivamente inclusi nell’incriminazione RICO, anche se collegati a situazioni diverse da quella di associazione a delinquere. I suoi testi sono stati letti in tribunale qualche giorno fa come prova dei suoi misfatti e come confessione.



Per alcuni analisti, il caso di Young Thug, richiama il ”caso Phipps”. In quest’ultimo caso, Phipps, ha scontato 21 anni della sua condanna a 30 prima di essere rilasciato dal carcere nel 2021 dopo aver ottenuto la grazia.



Il suo album “Son of the City”, il primo progetto da quando è tornato a casa dal carcere, ha debuttato lo scorso ottobre.“Non ho molte canzoni, se ne ho, sulla vita in prigione”, racconta nel libro di Nielson “perché per tutto il tempo che sono stato in prigione mi sono immaginato libero”.



Ora Phipps è libero ma ha bisogno del permesso di un agente per la libertà vigilata per lasciare la Louisiana, o anche per rimanere fuori dopo le 21:00, per esibirsi e viaggiare attraverso il paese. In libertà, questo si, ma non da uomo libero ed è una situazione che, secondo l’autore del libro, rischia di non essere un caso isolato.