Christian Paterniti, in arte Picciotto, palermitano classe ’83 è una leggenda del rap siciliano che – assieme alla musica – vive una vita parallela come operatore sociale, e molto spesso queste due rette si incrociano e i percorsi si fondono assieme. Ai microfoni di Wake Up ha raccontato il suo ultimo doppio singolo, “Crack” e “101”, oltre a parlarci dell’attualità, della sua poetica e del suo impegno sociale.

Ascolta l’intervista:

“Qualcosa si è rotto…”. E’ la storia del “crack” tra Picciotto e Christian ma anche con la musica. L’ultima “doppietta” del 2022 ha come filo conduttore il percorso musicale giunto alla sua maggiore età. Un viaggio a ritroso che parte dalle atmosfere cupe e d’avanguardia trap prodotte da John Lui per “Crack” ed arriva alle radici dell’essenza old school con “101” prodotta da Gheesa.

“I risultati delle ultime elezioni in Italia, i tantissimi giovani (specie a Palermo) coinvolti nell’abuso di crack, l’attenzione spasmodica verso il contenitore a scapito del contenuto nel mercato musicale (e non solo) mi hanno portato una raffica di rabbia sul beat sfogata in maniera molto più lucida e consapevole rispetto al passato. E dal passato ricomincio in “101” switchando le sonorità e dedicando la mia “love song” alla musica che per quanto sfruttata e abusata dal mercato rimane la mia quotidiana dose di “amore e veleno”. Il 101 è l’autobus che percorre le vie centrali di Palermo collegando la stazione allo stadio e sull’autobus ho cominciato a scrivere i miei primi testi con walkman e musicassette. Sembra preistoria rispetto alla velocità di fruizione delle piattaforme digitali odierne ma credo sia opportuno ricordare quanto lavoro e passione ci sia per un musicista dietro ogni singola canzone poi pubblicata e magari skippata dopo 20 secondi. Il calo di attenzione, l’incapacità di ascolto vero e la mancanza di curiosità che purtroppo riscontro oggi credo siano le cause maggiori del malessere della musica italiana. “Chissà quando ti ascoltano come ti senti” è la domanda che ci si dovrebbe fare. La risposta dipende sia da chi produce ma anche da un pubblico sempre più diseducato all’ascolto perchè poco abituato a “guadagnarsi” la musica ma con la pretesa di “guadagnarci”. Personalmente mi sento in una fase di personale crescita emotiva ed artistica e sento l’esigenza, anche grazie all’esperienza de Lo Stato Dell’Arte che orgogliosamente produco, di riappropriamo del sentimento più puro che mi ha avvicinato al magico mondo della musica”.